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Bohème: il silenzio dell’Amore

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Sabato 6 luglio, al Summer Theatre di Varna, alle ore 21, ritorna il binomio, composto Krassimira Stoyanova, Jacopo Sipari di Pescasseroli, ospiti del sovrintendente Daniela Dimova, in una coproduzione del festival estivo dell’opera di Stato bulgara e quella d’Albania, guidata da Abigeila Voshtina. In orchestra due legni di scuola salernitana, Andrea Ronca all’ottavino e Marco Pepe secondo clarinetto

Ritorna il Varna Summer Festival dell’opera di Stato di Bulgaria, guidata da Daniela Dimova e si rinnova il ferace patto di collaborazione con i Teatri Kombetar i Operas, Baletit dhe Ansamblit Popullor di Tirana, della sovrintendente Abigeila Voshtina, per la rappresentazione di Bohème, in questo anno celebrativo del centenario della scomparsa di Giacomo Puccini.

Sabato 6 luglio, alle ore 21, riflettori accesi su un binomio empatico ed emozionale, quale è quello composto dal soprano Krassimira Stoyanova e dal M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, il quale reduce da un tour nelle terre baltiche, che gli ha impone il suo ruolo di ambasciatore pucciniano nel mondo, insieme al soprano Caterina Medici e al tenore Vincenzo Costanzo, ritrova una delle sue voci d’elezione nella Summer arena di Varna, dopo l’Aida dello scorso anno, alla testa dell’orchestra e del coro dell’opera di stato bulgara, che avrà due legni di scuola salernitana in organico, Andrea Ronca all’ottavino e Marco Pepe al leggio del II clarinetto.

E’ veramente un privilegio far di nuovo musica con Krassimira Stoyanova – ha rivelato il M° Jacopo Sipari – che ha al suo fianco il tenore Antonio Gandia, con le scene e la regia di Ada Gurra. La Bohème è un’opera che mi ha sempre accompagnato nella mia vita, a volte sottovalutata, ma che stavolta leggerò in una chiave particolare, intimista, ma che oscillerà tra sogno e realtà, e senza alcun artificio, poiché in Bohème tutti, eccetto Benoit e Alcindoro sono in qualche modo artisti, anche Mimì con il suo “fare” fiori finti. Lei ha un gusto particolare per il fraseggio, per l’agogica, che proviene dal suo essere anche violinista, e di “superare” la difficoltà del ruolo, in cui si devono avere diverse sapienze per cantare la donna e l’amore, in un capolavoro su cui, ancora oggi, riflettono i musicologi”.

In Bohème Puccini scopre una dimensione comunicativa nuova, che consiste nella scoperta entro il dominio musicale del tempo discontinuo, relativo e multidirezionale, in cui sono immersi i personaggi. Per di più l’orchestra di Bohème, è raffinatissima nell’uso di luci ed ombre, di straordinaria duttilità e di sottile trasparenza, ove la frase polifonica di Puccini può rinunciare a qualsiasi controcanto.

Mimì era una ragazza molto gentile, pallida – ha dichiarato il soprano Krassimira Stoyanova – con bellissimi occhi castani e mani estremamente espressive. Si guadagnava da vivere ricamando e soffriva di tubercolosi, il mal sottile. Mimi è molto preziosa per me perché l’ho cantata per la prima volta quando ero già all’Opera di Stato di Vienna, ma era il mio primo ruolo pucciniano. Adesso che devo incontrare di nuovo la mia cara Mimì, per farla rivivere nel mio corpo, nella mia voce e cogliere dentro le parole, con tutte le sfumature volute da Puccini, lo farò in modo diverso, maturo. Se si seguono semplicemente le note scritte sullo spartito, non è necessario fare nulla di speciale se non trasmettere il sentimento e lavorare sulla tecnica vocale. Bohème mi fa pensare ad una danza di scintille: tutti devono vivere la vita velocemente, si accendono, svaniscono, come quel “caminetto che brucia tanto”. Tutti vivono l’istante “pathendo”: il cambiamento di Mimì avviene nel III atto, alla barriere d’enfer e lì tocchiamo con mano la sua grandissima forza di carattere, quando lei avvertendo il timore della morte da parte di Rodolfo ed essendo ormai consapevole della sua, decide di dire “addio” ai suoi sogni d’amore e gioventù. Puccini anticipa sempre tutti i finali nelle armonie e mi fa pensare che la malattia di Giacomo, questa presenza della morte in tutte le opere, possa associarsi anche alle sue sofferenze, come quelle chopiniane, che portarono il pianista a comporre tanti capolavori. La morte è un assoluto che prima veniva naturale, un passaggio, che si affrontava con semplicità, perché è parte della vita stessa, oggi, invece, in questa società fluida, vana, si è perso questo senso e la si vuole sfidare, prolungare la giovinezza, a volte indegnamente. La lezione di Puccini è giusto questa: Manon, Mimì, Tosca, Butterfly, Liù, Suor Angelica, lasciano un segno, nell’economia dell’opera, della musica e chiaramente in noi tutti, con il loro sacrificio e la propria inattaccabile dignità”.

La Boheme – Stoyanova

Ritroveremo la Krassimira Stoyanova ancora in Tirana, al fianco di Saimir Pirgu e Jacopo Sipari per la Tosca autunnale e un progetto Suor Angelica per la prossima stagione, nel frattempo tanto concertismo, un Der Rosenkavalier in Scala a ottobre e un tour indiano in estate a Mumbai con Zubin Mehta che pare, sul filo della voce del soprano, dirigendo musiche di Richard Strauss, intenda abbandonare il podio della Symphony Orchestra of India.

“L’orchestra cambia con il M° Jacopo Sipari – ha affermato il Sovrintendente Daniela Dimova – è lui la chiave di questa produzione di Bohème che rinnova la collaborazione con l’opera d’Albania, dopo l’Aida dello scorso anno, i tempi giusti, i pianissimi sublimi, che sposano le scelte della grande Stoyanova e di tutti i cantanti che vengono diretti dal nostro maestro, ovvero offre loro la possibilità di dare tutto in palcoscenico, assecondando i preziosismi vocali e strumentali in partitura. Uno spettacolo che ha come regista la eccellente Ada Gurra e un grande fonico viennese, Alexander Gruhn svolgendosi il tutto en plein air. Il cast è composto da eccellenze, a cominciare dalla voce della Stoyanova affiancata da Antonio Gandia e Aleksandrina Mihaylova, che sarà Musetta, mentre Plamen Dimitrov, sarà Schaunard, Geo Chobanov, impersonerà Colline e Krassen Karagiozov, Marcello”.

Tutto si muove logicamente e necessariamente verso quel muro nudo della Barriera d’ Enfer: a questo punto, è il freddo dell’inverno, a calare in platea insieme al richiamo degli spazzini e delle lattivendole, la nebbia si spande e satura qualsiasi varco alla speranza, forse intravista in precedenza. Il suo motivo resta affidato ad un flusso di memoria che riconduce il movimento vissuto della prima apparizione tematica, nella sua integrale esperienza, costituita dalla musica, dalla parola, dalla situazione poetica, in un tutto inscindibile.

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