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Al cinema il noir esistenziale dei D’Innocenzo, “Dostoevskij”

Video NewsAl cinema il noir esistenziale dei D'Innocenzo, "Dostoevskij"

In sala la serie dall’11 al 17 luglio, divisa in due parti

Roma, 8 lug. (askanews) – E’ un viaggio nel buio della vita di un uomo e alle radici del male “Dostoevskij”, la prima serie firmata da Fabio e Damiano D’Innocenzo, al cinema dall’11 al 17 luglio in due atti. Protagonista di questo noir ambientato in una periferia italiana indefinita e cupa è Filippo Timi, poliziotto tormentato, ossessionato da un killer seriale soprannominato “Dostoevskij”. “Per me, l’ho rivisto ieri, è il viaggio al termine di un uomo” ha affermato Damiano, mentre Fabio ha detto: “Il film, la serie, getta i semi per un’opportunità di cambiamento, quindi secondo me, nella possibilità di reinventarsi, c’è la possibilità di ricreare un proprio passato, una propria identità. Quindi sì, siamo costretti a vivere ma possiamo scegliere come vivere”. Il protagonista seguendo la propria ossessione compie un percorso, che passa anche per il confronto con il collega interpretato da Gabriel Montesi e con la figlia Carlotta Gamba. Ma l’ambiente umano e fisico intorno a lui è comunque ostile, i paesaggi sono desolati e isolati, rispecchiano in qualche modo il suo dolore. “Non ci interessa la vera cronaca, non ci interessa la didascalia, quel tipo di realismo dedicato ai luoghi e alla geografia. – hanno detto – Ci interessa il realismo dei personaggi, delle persone, e questa è l’unica forma di realismo al quale vogliamo aderire”.Dostoevskij accanto al corpo delle vittime lascia sempre una lettera con una propria desolante visione del mondo e della vita, che il poliziotto sente risuonare dentro di sé. E la scrittura è stata sempre fondamentale anche per i geniali gemelli del cinema italiano. “A noi il linguaggio scritto ci ha consentito alcune cose che faticavamo a verbalizzare. La scrittura ci ha dato una seconda possibilità dove un po’ di timidezza, di timori umani, ci avevano un pochino penalizzato. – ha detto Fabio – Per me i diari erano qualcosa di molto, molto affascinante, quando il proprio pensiero bastava a se stesso e non necessariamente ad essere condiviso con migliaia di sconosciuti”.

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