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domenica, Novembre 24, 2024

I concerti del Lunedì passano il testimone a Mosaici

AutoprodottiI concerti del Lunedì passano il testimone a Mosaici

Nella cornice del Porto di Marina di Pisciotta, il 5 agosto alle ore 21,30, l’Orchestra Filarmonica Pugliese, diretta da Fausto Fungaroli, con ospiti il soprano Maria Giulia Milano e il tenore Aldo Caputo offriranno un Omaggio a Giacomo Puccini

Con il concerto conclusivo dell’Orchestra Filarmonica Pugliese si chiude XXI edizione de I Concerti del Lunedi e contestualmente sarà presentato il cartellone della IV edizione del Festival Multidisciplinare Mosaici che interesserà otto Comuni del Cilento (Ascea, Capaccio Paestum, Cuccaro Vetere, Futani, Laurito, Pisciotta, San Giovannia Piro e San Mauro la Bruca).

Il Festival cofinanziato dal FUS del Ministero della Cultura, con il contributo dei Comuni aderenti, l’Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e la Regione Campania, prolunga di fatto l’estate cilentana con 25 appuntamenti musicali, di teatro e di danza con importanti nomi del jet set artistico italiano e internazionale e produzioni esclusive dell’Associazione Artisti Cilentani che saranno nel corso della serata presentate.

La Direzione Artistica è anche quest’anno affidata al M° Mauro Navarra. L’Orchestra Filarmonica Pugliese, diretta da Fausto Fungaroli, con un “Omaggio a Giacomo Puccini”, lunedì 5 agosto sul Porto di Marina di Pisciotta, alle ore 21,30 eseguirà un articolato programma lirico sinfonico con la partecipazione di due giovani promesse della lirica nazionale Maria Giulia Milano (soprano) e Aldo Caputo (Tenore).

Il programma principierà con l’ouverture da “Le nozze di Figaro” di Wolfgang Amadeus Mozart La prima parte della serata sarà interamente dedicata a Wolfgang Amadeus Mozart e sarà inaugurata dall’ouverture delle Nozze di Figaro: qui il sorriso è fresco, come quello dei giovani in palcoscenico, il tono drammatico filtra qua e là, emoziona il frenetico, la musica trabocca limpidezza, sciorina brillìì, nella dissipazione di una giovinezza creativa, perfino snervante, in una ripetuta serie di garbetti, ritrosie, stoccate, morsetti, capricci, gridolii, tintinni e piumette.

La forza vitale di cui è intrisa la partitura è evidente, ma rivela anche altro: brevi fanfare, improvvisi scoppi di suono, crescendo che si collocano già vicini agli esempi rossiniani, repentini cambi di orchestrazione e di colore, uno spirito cavalleresco che anticipa anche la licenziosità dell’Allegro dell’ouverture al Don Giovanni.

A seguire la Sinfonia del Nabucco. E’ questa una sinfonia alla tedesca, enuclea, cioè, i temi dell’opera che il compositore ha ritenuto più efficaci nel tessuto del racconto: la maledizione a Ismaele, la melodia del “Va’ pensiero”, il finale del primo atto e una citazione scopertamente donizettiana.

Il programma canoro sarà inaugurato con la celebre aria dell’ “Elisir d’amore” “Una furtiva lacrima”, questa l’aria del primo Caruso del qui pro quo del Teatro San Carlo, restato nella storia per colpa degli animali dalle lunghe orecchie, immortalati da Camille Saint Saens nel “Carnaval des animaux”.

Maria Giulia Milano eleverà il “Vissi d’arte” che ha l’effetto di un lamento-preghiera, è quello di dilatare il tempo psicologico, come se davanti agli occhi di Tosca passasse in pochi istanti tutta la sua vita.

Prima parte della serata sigillata dalla Sinfonia da L’Italiana in Algeri di Gioachino Rossini col suo “Andante pacato” nel quale si profila un malinconico capriccioso disegno dell’oboe e dove fa subito capolino lo spirito del “crescendo”, che inonderà, poi, tutta quanta l’ouverture.

Quindi ancora Rossini, stavolta con la Sinfonia da La Gazza ladra che si apre in modo inusitato: tre rulli di tamburo portano ad un “Maestoso marziale” di dubbia serietà. Che cosa ha voluto esprimere Rossini con questa introduzione che ha un sapore grottesco con quei ritmi “nobili” giocati fra trillo e trillo? Forse un ironico accenno all’atmosfera militaresca che pesa nella vicenda della “Pie voleuse” (il dramma di Théodore Badouin d’Aubigny e Louis-Charles Caigniez, dal quale fu ricavato il soggetto dell’opera), per poi tirar fuori due temi tutt’altro che estrosi, nei quali l’impulso ritmico sembra caricarsi di nuove connotazioni espressive che rivelano un nascente dinamismo drammatico.

La Milano darà voce alla Lauretta del Gianni Schicchi, di Puccini, nella smancerosa oasi di commozione di “O mio babbino caro”, parodia gaglioffa del lamento, quindi, l’ addio alla vita e all’amore di Mario Cavaradossi da parte di Aldo Caputo con “E lucevan le stelle”, la sua compiuta e appassionata confessione, racchiusa nell’ancia nostalgica del clarinetto, che tocca i vertici dell’allucinazione.

Al teatro in qualsiasi aspetto creativo – dall’opera lirica alla musica di scena, al balletto – Cajkovskij si sentì irresistibilmente legato in ogni momento della sua esistenza, con una pronunciata attrazione dalla prima giovinezza alla piena maturità.

Alla passione cajkovskijana per tutti gli aspetti del “far musica per il teatro” è riconducibile naturalmente la innovativa linea di tendenza da lui impressa al balletto, come genere artistico primario nel contesto della produzione, del gusto e dello spettacolo dell’800.

L’atmosfera drammatica della Bella Addormentata si scioglie nella Valse che segnò uno dei vertici della coreografia di Petipa. Lo stile della maturità cajkovskijana, così sicuro nei complessi accordi alterati di settima e nona, legati all’effusione melodica nel chiaroscuro d’una scrittura strumentale disegnata con tratto infallibile, lascia il posto, in questa pagina, ad una peculiarità della celebre danza che può sembrare prossima a certi moduli viennesi della migliore tradizione straussiana. La danza napoletana dal Lago dei Cigni, una infuocata tarantella, farà da preludio al finale, affidato al brindisi de’ La Traviata “Libiam nei lieti calici”.

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