Dal murales di Ofili alle onde di Tillmans con naturalmente Bacon
Londra, 22 mar. (askanews) – La scalinata nord della Tate Britain di Londra come un memoriale per la tragedia della Grenfell Tower, il grattacielo andato in fiamme nella capitale britannica nel giugno del 2017. Chris Ofili ha realizzato sulle pareti un dipinto murale dedicato all’artista e attivista Khadija Saye, morta con la madre nell’incendio. Un’opera drammatica, carica di colore, articolata su tre momenti, che dal dolore e l’orrore si muovono poi verso la redenzione e la speranza. Dal fuoco all’acqua, in qualche modo e il dualismo tra questi elementi può essere il filo conduttore di un percorso nella collezione del museo.Se le due dimensioni di inferno e paradiso, innocenza ed esperienza, si trovano con naturalezza nella pittura visionaria di William Blake, così come nella sua poesia, il fuoco sembra ardere anche sullo sfondo di una delle opere più celebri della Tate, il trittico di Francis Bacon con i “Tre studi per figure alla base della Croce”. Per molti versi un lavoro che ha incarnato tutto l’orrore delle guerre novecentesche, tutta la disumanizzazione a cui si sono spinti gli umani, e anche tutto il potere incendiario della pittura di Bacon, che, pur in contesti mutati, continuiamo a percepire.Dopo le guerre la società del benessere, il Pop, e allora ecco “A Bigger Splash”, forse il più celebre dei dipinti di David Hockney, con la sua piscina e quell’ambientazione californiana che fa pensare alla ricchezza, certo, ma anche al vuoto e alla solitudine. Qualcuno si è appena tuffato dal trampolino, ma nello spazio del dipinto non c’è nessuno, solo il silenzio e l’acqua increspata sotto le palme indifferenti. Tutto sta diventando fluido, e nel fluido galleggiano i celebri animali di Damien Hirst, sospesi in una pretesa di eterno presente dalla formaldeide. In questo caso è un agnello, vittima di un tempo esibizionista, ma anche ossessionato dall’inevitabilità della morte, come scandalo filosofico, se volete. Qui il liquido non salva, solo sembra allungare l’agonia.E poi, alla fine del percorso espositivo organizzato per decenni, si arriva davanti a una delle opere più belle conservate alla Tate Britain: una enorme fotografia di Wolfgang Tillmans sul mare, “The State We’re in” del 2015. Si vedono quasi solo increspature delle onde, e una striscia di orizzonte. Qui le acque hanno preso il controllo, non c’è spazio per niente altro, l’oceano è diventato tutto. Possiamo pensare alle forze indomabili della natura, alla scomparsa degli esseri umani, alla crisi climatica che abbiamo generato. Non ci sono risposte giuste o sbagliate. Tutto è compreso nella fotografia, tutto sembra essere in qualche modo deciso. E l’acqua diventa un nuovo tipo di fuoco, più adatto ai tempi opachi e iper digitali che viviamo.