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Rallenta spesa non alimentare ma alla cura personale non si rinuncia

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Osservatorio Non food di GS1 Italy: nel 2023 chiusi 9.200 negozi

Milano, 17 set. (askanews) – Gli italiani tirano la cinghia sulla spesa non alimentare, che nel 2023 supera i 110 miliardi ma rallenta in maniera decisa, sotto i colpi di inflazione e conseguente perdita di potere d’acquisto. Certo il quadro non è omogeneo tra i diversi comparti, ma mostra articolate declinazioni che l’edizione 2024 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy mette a fuoco attraverso l’analisi dell’andamento di 13 comparti non alimentari.”Il 2023 è stato un anno che registra un più 0,4%, che è un trend molto in compressione rispetto a quello che è avvenuto negli anni precedenti. Si scontra con un più 4,2 del 2022, addirittura un +12% del 2021 – Samanta Correale, senior business intelligence manager di GS1 Italy – Quello che ha portato sicuramente a questo risultato di compressione è dovuto all’andamento dei tre comparti più importanti in termini di consumi, l’elettronica di consumo, l’abbigliamento e calzature e per la prima volta da diversi anni anche l’edutainment”.All’interno di questo trend comparti come la profumeria, cresciuta a valore più dell’11%, o prodotti per l’automedicazione, saliti del 4,2%, bilanciano il risultato negativo dell’elettronica di consumo che è arretrata del 4,8%, l’edutainment l’1,6% e abbigliamento e calzature quasi l’1%.”Il 2023 è stato un altro anno legato all’aumento del costo della vita e quindi alle dinamiche inflazionistiche abbiamo visto consolidarsi la propensione ad esempio alla riparazione, alla compravendita dell’usato, addirittura al noleggio – osserva Coreale – Devo sottolineare un altro elemento: comincia a diventare sempre più importante, sempre più rilevante, anche un’attenzione a quella che è la sostenibilità. Questo tema ha modificato, sta modificando le scelte d’acquisto dei consumatori in molte dei comparti delle categorie non alimentari”.Questa frenata della spesa non alimentare si è riflessa anche sulla rete distributiva che ha visto abbassare la serranda di 9.200 negozi. Un trend che da tempo investe tutti i comparti analizzati nell’Osservatorio Non Food, con un inasprimento per tessili e biancheria per la casa, libri, giornali e cartoleria e calzature e articoli in cuoio.”Se andiamo a leggere questa riduzione dei negozi in ottica di agglomerazioni commerciali e quindi dove questi negozi sono presenti – spiega – vediamo un trend negativo praticamente in tutte le agglomerazioni, quindi ad esempio nel commercio urbano centrale piuttosto che all’interno dei centri commerciali o dei parchi commerciali, l’unica agglomerazione commerciale che vede un incremento di punti vendita è quella dei factory outlet dove nel 2023 leggiamo un aumento della rete di vendita del più 0,8%”.In questo contesto il canale dell’ecommerce lo scorso anno si è andato stabilizzando dopo il boom del periodo Covid confermando edutainment ed elettronica di consumo come i comparti dove le vendite online hanno un peso maggiore. Proprio il rapporto con il mondo dell’online è finito sotto la lente di una ricerca inserita nell’Osservatorio non food che indaga il processo di acquisto nelle diverse generazioni, boomer, Generazione X, Millennial e Generazione Z. E se nel caso dei giovanissimi c’è stata la conferma che il 72% di loro cerca informazioni online prima dell’acquisto anche i boomers non disdegnano questa prassi”Una generazione boomers che nel nostro immaginario internet non dovrebbe in teoria neanche usarlo o usarlo poco ed è vero lo usa meno, però, questo meno in realtà si assesta intorno a più del 60%, quindi – conclude – anche qui alcuni, chiamiamoli pregiudizi, sono stati in qualche modo anche un po’ sfatati”.Anche il tema della sostenibilità assume forme diverse a seconda delle generazioni, con una predilezione per acquisti di qualità ma meno frequenti per i boomers a fronte di una propensione a riciclo e riuso dei più giovani. A conferma che temi trasversali innescano processi d’acquisto differenti a seconda delle generazioni.

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