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Giappone, partita la campagna elettorale: test vitale per Ishiba

AttualitàGiappone, partita la campagna elettorale: test vitale per Ishiba

Prevista flessione del partito del premier, ma opposizione è debole

Roma, 15 ott. (askanews) – La campagna elettorale per le elezioni generali del Giappone è iniziata ufficialmente oggi. I candidati e i partiti avranno 12 giorni di tempo per promuoversi, prima che i cittadini vadano alle urne il 27 ottobre.

In palio ci sono 465 seggi della Camera dei rappresentanti, il più importante dei due rami dela Dieta nipponica. La camera alta si chiama Camera dei consiglieri.

Di questi 465 seggi, 289 saranno assegnati a politici eletti direttamente in collegi uninominali. Altri 176 saranno selezionati attraverso la rappresentanza proporzionale suddivisa in 11 circoscrizioni. In totale sono in corsa 1.344 candidati, rispetto ai 1.051 dell’ultima elezione del 2021.

Per la prima volta il numero delle candidate ha superato il 20% del totale: sono in lizza 314 donne, rispetto alle 186 delle precedenti elezioni.

Il Partito liberaldemocratico – che mantiene il governo del paese in maniera quasi ininterrotta dagli anni ’50 del secolo scorso – sconta un momento di bassa popolarità, aggravato dal recente scandalo dei fondi utilizzati in maniera irregolare da diversi parlamentari. Per questo motivo, l’asticella delle aspettative è piuttosto bassa e punta a mantenere alla camera la maggioranza relativa e quella assoluta (233 seggi) in coalizione col partito buddista, legato alla Soka Gakkai, Komeito.

Nella legislatura appena terminata anticipatamente, la formazione che esprime il primo ministro Shigeru Ishiba aveva da solo 256 seggi, cioè più che la maggioranza assoluta. Assieme al Komeito arrivava a 288 seggi.

Questa flessione è destinata a rendere più difficile non tanto la governabilità, ma la possibilità di mettere in campo efficacemente una riforma costituzionale, in particolare relativa all’Articolo 9 della Costituzione che esclude la possibilità al Giappone di avere forze armate (vincolo, questo, solo parzialmente superato). Infatti, per fare la riforma, c’è bisogno di una maggioranza qualificata nelle due camere, oltre a un voto referendario.

“Sono ben consapevole che questa elezione sarà estremamente difficile”, ha ammesso il primo ministro Shigeru Ishiba, durante una conferenza stampa la scorsa settimana, quando ha fissato il “limite della vittoria”. Difficoltà dovute a una serie di scandali, come quello dei fondi irregolari o precedentemente quello dei parlamentari legati alla Chiesa dell’Unificazione. Ma anche a un peggioramento del reddito reale disponibile per le famiglie giapponesi, a causa dell’inflazione e della perdita di valore dello yen.

Ishiba ha vinto alla fine del mese scorso le elezioni interne al Partito liberaldemocratico ed è quindi diventato primo ministro il primo ottobre. Immediatamente ha annunciato di voler andare a elezioni, un passo in parte richiesto dalla necessità di ottenere un mandato politico, dall’altro di riconfigurare il Partito liberaldemocratico che è uscito da questa fase elettorale molto frammentato e delegittimato.

Il primo ministro ha chiarito subito che non avrebbe dato sostegno a oltre una dozzina di candidati coinvolti negli scandali sul finanziamento. Alcuni si sono ritirati, altri però hanno deciso di concorrere lo stesso, senza il bollino del partito.

Il principale partito di opposizione, il Partito costituzionale democratico (CDP), ha a sua volta cambiato leader, scegliendo l’ex primo ministro Yoshihiko Noda. Nella legislatura appena conclusa deteneva 98 seggi alla Camera bassa. Si è dato l’obiettivo di non far raggiungere la maggioranza assoluta alla coalizione liberademocratici-Komeito.

I sondaggi usciti finora non gli danno ragione e, pur certificando il calo di consensi del Partito liberaldemocratico, vedono comunque la formazione di Ishiba in vantaggio. Ai giapponesi non piace cambiare e non è un caso che il Partito liberaldemocratico sia stato al governo per 65 dei suoi 70 anni di storia. Solo tra il 2009 e il 2011 il Partito democratico – dalla cui scissione è poi nato il Partito costituzionale democratico – riuscì a strappare il potere alla formazione oggi capeggiata da Ishiba. Il disastro dello tsunami e dell’incidente nucleare di Fukushima, però, lo affossò, perché il governo di Naoto Kan non fu visto come capace di gestire l’emergenza. La stessa esperienza da premier di Noda fu deludente. Alle elezioni seguenti, il pallino tornò nelle mani dei liberaldemocratici, allora capeggiati da Shinzo Abe, il premier più longevo della storia nipponica (poi ucciso nel 2022).

Alle elezioni si presentano il Partito dell’innovazione del Giappone, il Partito comunista giapponese, il Partito democratico per il popolo e il Reiwa Shinsengumi. Molti seggi verranno decisi in base a desistenze tra i partiti dell’opposizione, che potrebbero iun questo caso mirare a colpire l’asse Ldp-Komeito. Ma queste formazioni non sembrano particolarmente propense a collaborare tra loro.

La Camera dei Rappresentanti – nella struttura bicamerale della Dieta – ha più potere, poiché ha l’ultima parola sulla nomina dei primi ministri e sull’approvazione dei bilanci governativi in caso di disaccordo con la camera alta. I membri della Camera bassa servono mandati di quattro anni, a meno che il primo ministro non la sciolga anticipatamente, come accaduto in questo caso.

I candidati devono avere almeno 25 anni, mentre il diritto di voto attivo è assegnato dai 18 anni in su.

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