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Dal cinema al romanzo: il “Marcello Mastroianni” di Armando Festa

Primo PianoDal cinema al romanzo: il "Marcello Mastroianni" di Armando Festa

Storia di un uomo comune con un nome non comune (Giunti)

Milano, 11 mar. (askanews) – Un nome spettacolare, ma una vita ordinaria. È la storia di un quarantenne come tutti che si trova a vivere tra le aspirazioni di successo, il desiderio di paternità e la più modesta realtà della vita di tutti i giorni. “Mi chiamo Marcello Mastroianni (Ma non sono lui)” è il romanzo d’esordio di Armando Festa, che esce per Giunti, e che lo stesso autore ci ha presentato.”Il mio protagonista – ha detto Festa ad askanews – soffre di un complesso di mediocrità. Lui si sente un mediocre, si sente un fallito, perché aveva aspirazione nel campo del cinema, voleva un po’ sfondare, non ci è riuscito e quindi si trova ad avere come scherzo del destino anche questo cognome che è il cognome di un divo, che è Marcello Mastroianni. Piccola parentesi: la storia è anche nata una cosa autobiografica, perché ho cominciato come creativo pubblicitario e mi chiamo Armando Festa. C’era un grandissimo pubblicitario che si chiama Armando Testa, quindi mi divertiva che anche lui avesse questa sorta di mannaia perché aveva questo nome importante, di una persona che aveva sfondato in quel campo e lui non ce l’aveva fatta. Perciò lui si ritrova a essere ‘come tutti’, a non essere una persona eccezionale come pensava e a sviluppare i pensieri e le ossessioni che saranno poi il cuore del libro”.Da questa normalità, poi, la vicenda di Marcello a un certo punto devia, vuoi per l’esasperazione, vuoi per una scelta d’impulso, e il romanzo diventa rocambolesco e surreale. In queste pagine soprattutto si sente l’ispirazione cinematografica della scrittura di Festa.”Io faccio anche lo sceneggiatore – ha aggiunto l’autore – e questo è il mio primo romanzo, quindi l’ho impostato come una sceneggiatura. La sceneggiatura si imposta prima con un soggetto, che è il racconto della storia e poi quello che ho fatto per il romanzo è una scaletta, fondamentalmente. Per tutte le scene, io già avevo tutta l’architettura di tutto il romanzo, cioè sapevo esattamente che punto iniziare e dove andare a finire con tutti i passaggi e nel momento in cui avevo la scaletta di tutti i punti poi li ho scritti, cioè è come proprio una sceneggiatura, solo che invece di aver scritto una sceneggiatura con le battute e dialoghi l’ho fatto in forma di romanzo”.Un romanzo che vuole anche provare a essere il simbolo di una generazione, la Generazione X, che vissuto una transizione tra l’epoca del Boom economico e quella della società digitale e va ancora in cerca di una propria identità.

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