ROMA – “La violenza contro le donne presenta numeri allarmanti. È un comportamento che non trova giustificazioni, radicato in disuguaglianze, stereotipi di genere e culture che tollerano o minimizzano gli abusi, che si verificano spesso anche in ambito familiare”. Lo dice il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica- aggiunge-, nota anche come Convenzione di Istanbul, è il primo strumento giuridicamente vincolante ad aver riconosciuto la violenza di genere come una violazione dei diritti umani. L’Italia ha ratificato la Convenzione nel 2013, dotandosi di strumenti di tutela per garantire una piena protezione alle vittime di violenza di genere”.
“Quanto fatto finora- sottolinea il capo dello stato- non è, tuttavia, sufficiente a salvaguardare le donne, anche giovanissime, che continuano a vedere i loro diritti violati. È un’emergenza che continua. Si tratta di madri, sorelle, figlie, persone con sogni e progetti che vedono violato il diritto di poter vivere una vita libera e dignitosa, donne che lottano per la propria indipendenza, per poter scegliere il proprio destino”.
“‘Nessuna scusa’ è il tema proposto dalle Nazioni Unite per celebrare la giornata odierna. È addirittura superfluo sottolineare che, quindi, non ci sono scuse accettabili a giustificazione della violenza di genere. Occorrono azioni concrete. È fondamentale- aggiunge- continuare a lavorare per eradicare i pregiudizi e gli atteggiamenti discriminatori che rendono ancora oggi le donne più deboli nella società, nel lavoro e nella famiglia. Le istituzioni, le forze della società civile devono sostenere le donne nella denuncia di qualsiasi forma di sopruso, offrendo protezione e adeguato supporto. È un valore per l’intera società far sì che siano pienamente garantiti i diritti umani dell’universo femminile”.
“Oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una giornata che ci porta a ricordare la cronaca dei nostri giorni con ancora tanti, troppi casi di violenza e femminicidi. Una piaga sociale e culturale che non ci consente di voltare lo sguardo dall’altra parte, ma che ci spinge a riflettere e ad agire con ogni azione possibile volta a tutelare le vittime dall’abominio della violenza”. Lo scrive sui social la premier Giorgia Meloni.
“Come Governo, dall’inizio del nostro mandato- aggiunge-, abbiamo messo in campo strumenti di contrasto, prevenzione e sicurezza. Un lavoro che deve proseguire nella consapevolezza che il contributo di ciascuno di noi può fare la differenza. Lo dobbiamo fare nel nome di tutte coloro che oggi non sono più con noi: mamme, sorelle, figlie, amiche”. “1522 è il numero a cui rivolgersi per parlare, denunciare e ricevere aiuto immediato, in qualsiasi momento. Ogni voce che si alza contro la violenza è un passo verso una società più sicura e libera dalla paura. Ricordate: non siete sole”, conclude.
Ma sui social Matteo Salvini riapre la polemica sulla presunta (molto presunta, a leggere i dati) “incidenza degli stranieri”. “Difendere le ragazze significa anche riconoscere l’inevitabile e crescente incidenza degli aggressori stranieri – scrive il vicepremier – un dato preoccupante che non sminuisce in alcun modo i casi italiani ma evidenzia le pericolose conseguenze di un’immigrazione incontrollata, spesso proveniente da Paesi che non condividono i principi e i valori occidentali. È dovere morale di tutti noi preservarli e difenderli a tutti i costi, per la sicurezza delle donne di oggi e di domani”.
Salvini poi elenca solo le vittime di stranieri: “Saman Abbas, 18 anni, uccisa dai genitori e dallo zio, cittadini del Pakistan. Renée Amato, 19 anni, uccisa a colpi di pistola dall’ex fidanzato. Michelle Causo, 17 anni, uccisa da un ragazzo di origini cingalesi che lasciò il corpo in un carrello della spesa. Giulia Cecchettin, 22 anni,, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta con 75 fendenti. Melina Marino, 48 anni, uccisa da ergastolano in regime di semilibertà. Pamela Mastropietro, 18 anni, brutalmente uccisa dal nigeriano Innocent Oseghale. Danjela Neza, 29 anni, uccisa da un cittadino della Guinea. Ester Palmieri, 37 anni, uccisa con un coltello da caccia dall’ex fidanzato. Sara Ruschi, 35 anni, uccisa dal compagno marocchino. Hina Saleem, 21 anni, uccisa dal padre, cittadino del Pakistan. Martina Scialdone, 34 anni, uccisa dall’ex compagno. Iris Setti, 61 anni, uccisa da un cittadino nigeriano. Giulia Tramontano, 27 anni, Senago, avvelenata e poi uccisa con il bimbo che aveva in grembo con 37 coltellate da Alessandro Impagnatiello. Sharon Verzeni, 33 anni, uccisa da un italiano di origini maliane. Giada Zanola, 34 anni, uccisa dal compagno dopo una lite e buttata giù da un cavalcavia. A loro e a tutte le vittime innocenti va il nostro pensiero e la nostra preghiera, nella battaglia quotidiana contro la violenza sulle donne che deve unire e aggregare tutti, senza bandiere o ipocrisie”.
Nel suo videomessaggio, invece, non usa mai la parola “patriarcato” Giuseppe Valditara. Le dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione alla presentazione della Fondazione Cecchettin avevano innescato le polemiche che avevano poi coinvolto altri esponenti del governo: “Sicurezza, libertà, dignità per ogni donna: questo è il nostro impegno. Femminicidi, violenze sessuali, morali, discriminazioni: vanno combattute in modo deciso ed unanime. Sono l’espressione di una cultura maschilista inaccettabile”.
“La battaglia contro la violenza sulle donne inizia dalla scuola- continua il ministro- dobbiamo diffondere la cultura del rispetto e per questo abbiamo introdotto tra gli obiettivi di approendimento, obbligatorio e curriculare, l’educazione al rispetto verso la donna ed è la prima volta”. Valditara conclude rivolgendosi alle ragazze: “Non abbiate timore di denunciare ogni violenza e ogni bullismo che offenda la vostra sicurezza, libertà e dignità: la scuola sarà sempre con voi”.Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it