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Psa, Copagri: intervenire per scongiurare default suinicoltura

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Oggi riunione al ministero della Salute a due anni dai primi casi

Roma, 11 mar. (askanews) – “A oltre due anni dai primi casi di infezione di Peste suina africana-PSA nel continente, non si arresta l’avanzata dell’epidemia, che ad oggi ha colpito oltre 1500 cinghiali e quasi 14mila suini, con ben 21 focolai accertati, concentrati prevalentemente nel pavese”. Lo ha ricordato la Copagri, in occasione della riunione svoltasi oggi in materia di Peste suina africana-PSA al ministero della Salute. Alla riunione hanno preso parte i sottosegretari alla Salute Marcello Gemmato e all’agricoltura Patrizio La Pietra ed è stata annunciata la nomina di tre subcommissari con deleghe specifiche.

“La gravità della situazione, oltre che agli alti livelli di contagio, è legata alla grande resistenza del virus, per il quale al momento non esistono vaccini e che ha un tasso di mortalità che può raggiungere il 100% degli animali colpiti; pur non essendo trasmissibile all’uomo, la PSA può avere gravi conseguenze sul tessuto economico e sociale del Paese, andando a incidere sensibilmente sulla redditività degli allevamenti e condizionando pesantemente le movimentazioni dei suini e dei relativi prodotti”, ha segnalato la Copagri.

“Da qui l’importanza di agire celermente, semplificando gli adempimenti previsti e accelerando con le strategie di contrasto alla diffusione dell’epidemia, così da tutelare il patrimonio zootecnico nazionale e il settore suinicolo, che rappresenta un valore importante sia in termini di quantità che qualità”, ha osservato la Confederazione, facendo notare che “la suinicoltura, per importanza, è tra i primi settori nel comparto carni, con oltre 30mila allevamenti per quasi 9 milioni di capi, concentrati nel Nordest del Paese; senza contare tutto l’indotto, dalla mangimistica alla trasformazione e alla distribuzione”.

“In attesa della costituzione di un Tavolo permanente in cui affrontare il problema in maniera sinergica e strutturata, la priorità va all’erogazione degli indennizzi per i tanti allevamenti colpiti, ma anche e soprattutto al contenimento dell’infezione, attraverso il rafforzamento delle misure di biosicurezza e l’inevitabile abbattimento dei cinghiali”.

Per l’associazone, “con oltre 2 milioni di esemplari in tutta la Penisola, l’obiettivo degli abbattimenti deve essere il raggiungimento di un equilibrio agro-ecologico sostenibile, che garantisca una presenza di cinghiali sufficienti al mantenimento del ruolo ecologico della specie e compatibile con le caratteristiche ambientali e agricole dei territori”.

“In mancanza di simili interventi, si rischia il vero e proprio default del comparto, con l’abbattimento di milioni di suini allevati e la perdita irreversibile di migliaia di aziende, per una filiera fondamentale in termini economici, con un valore di oltre 10 miliardi di euro, senza contare l’export, e circa 40mila addetti, ma anche qualitativi, esprimendo ben 42 Indicazioni Geografiche, per un valore di affari pari a 1,87 miliardi alla produzione e 4,85 miliardi al consumo”, ha concluso la Confederazione.

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