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sabato, Novembre 16, 2024

A Prato bomba criminale cinese e associazioni mafiose: parla il neo Procuratore Tescaroli

PoliticaA Prato bomba criminale cinese e associazioni mafiose: parla il neo Procuratore Tescaroli

ROMA – “Una bomba di allarme, di giustizia” è esplosa a Prato, il più grande distretto tessile di Europa. A parlare, intervistato da Maria Grazia Mazzola per l’inchiesta ‘Panni Sporchi’ per TV7, speciale del Tg1, è il parroco di san Giusto, Helmut Szeliga. C’è anche lui nei diversi sit in accanto agli operai pakistani e indiani in protesta. Porta qualche biscottino, un incoraggiamento nelle notti del freddo e della denuncia. Lavoratori senza contratto, o con falsi part time, costretti a lavorare senza diritti come la malattia, senza alcuna tutela, in un clima di violenza, 12 ore al giorno. Poi l’azienda cinese, che lavora per italiani conto terzi, chiude e manda tutti a casa, per riaprire altrove con altro nome. E’ un modello seriale che si ripete così. Le chiamano proprio aziende ‘apri e chiudi’. “Venti miliardi di economia non osservata, estorsioni, omicidi nell’ economia cinese”, denuncia la giornalista nel suo lavoro d’inchiesta, e la richiesta attraverso interrogazioni parlamentari sia di maggioranza che di opposizione di portare la “DIA (direzione investigativa antimafia) presso la procura di Prato”.
Il caso è nazionale, e internazionale. Mazzola ha raccolto la denuncia del sindacato SUDD COBAS che ha iniziato un vero e proprio fronte di lotta accanto a questi operai, per lo più pakistani e indiani, vincendo in Tribunale. “Parliamo di 2 mila aziende del piu grande distretto tessile d’Europa, in cui le aziende illegali cinesi non pagano personale dando luogo a una concorrenza sleale”, che colpisce l’economia italiana e gli imprenditori regolari. E’ questo un aspetto su cui insiste il neo Procuratore di Prato, Luca Tescaroli che, in una lunga intervista esclusiva data a Mazzola “ha rotto il muro di omertà della criminalità cinese”. Tescaroli ha denunciato “l’escalation criminale” e ha chiesto di investire “con uomini e mezzi negli organici della Magistratura e delle Forze dell’Ordine, sottodimensionati” per affrontare quella che è a tutti gli effetti una questione nazionale. Lo dimostra anche l’attività della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Lavoro, venuta a Prato per fare le audizioni. Il Procuratore spiega come questa rete criminale sommersa “genera danni all’economica nazionale a causa della concorrenza sleale: vengono estromessi gli imprenditori nazionali e locali. I proventi di questo colossale business vengono alla fine drenati e fatti rientrare in Cina come contanti, o criptovalute”. Nell’intervista esclusiva integrale, data a Maria Grazia Mazzola, il Procuratore di Prato Tescaroli, spiega anche anche che la contrapposizione tra imprenditori cinesi per il controllo del mercato delle grucce provoca “continui episodi di aggressioni e minacce rafforzando il tessuto criminale che va smantellato”. Sarebbe in tal senso opportuno “rivedere la normativa sui collaboratori e testimoni di giustizia estendendo l’applicazione delle misure di assistenza e protezione anche ai cittadini stranieri e non solo a quelli italiani, un esigenza che deriva dall’affermarsi di gruppi criminali stranieri, quali quelli albanesi, cinesi e nigeriani. La criminalità organizzata è un fattore dinamico- continua il Procuratore Tescaroli-e sempre più globalizzato, per tale ragione sarebbe opportuno approntare gli strumenti di contrasto più appropriati”. Sarebbe auspicabile anche “una maggiore collaborazione da parte della Repubblica popolare cinese sulle rogatorie internazionali, fino a questo momento senza risposta”. E alla domanda della giornalista se esistano associazioni mafiose a Prato, Tescaroli risponde: “Nel 93, a Prato fu confezionato con l’esplosivo arrivato dalla Sicilia il fiorino piazzato da Cosa nostra in via dei Georgofili, a Prato Cosa nostra ebbe una delle sue basi logistiche per le stragi di mafia del 93. A Prato vi sono presenze di esponenti della ndrangheta e della camorra”.
Fahad Ashraf, un altro operaio intervistato da Mazzola, ha lavorato 9 anni a nero, prendendo 3 euro all’ora. Come lui tanti, tutti qui in queste aziende. “Il primo sciopero c’è stato a febbraio- racconta Luca Toscano, coordinatore SUDD COBAS Prato- ora i picchetti ininterrotti vanno avanti dal 6 ottobre”. Il loro motto è 8×5 come prevede il contratto collettivo nazionale dei tessili. Gli operai, racconta Sarah Caudiero, coodinatrice SUDD COBBAS di Prato, “hanno iniziato a venire con il passaparola. Lo sciopero più lungo- risponde alla giornalista- è durato 8 mesi. Nel 2021 l’azienda ha dovuto reintegrare tutti i lavoratori e risarcirli”. Lo scenario che descrive la sindacalista è dantesco: caporali che picchiano, chi perde dita, vessazioni. Fino all’ultimo sit in a Seano, come racconta il coordinatore SUDD COBBAS, in cui “sono venuti a sprangarci e hanno detto ‘la prossima volta vi spariamo’. Parlavano italiano”. Le indagini sono in corso.Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it

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