Conserva: senza interventi rischio deindustrializzazione
Roma, 29 nov. (askanews) – Un cambiamento radicale per salvare l’industria europea dell’alluminio e garantirle un futuro competitivo e sostenibile. Le politiche europee sono infatti contraddittorie e penalizzanti per le Pmi del settore cui fa capo il 90% della forza lavoro e il 70% del valore della filiera. E’ un vero e proprio monito quello lanciato da Mario Conserva, presidente di Face, la Federazione dei consumatori di alluminio in Europa, in occasione della conferenza “A Green Competitiveness Agenda for Europe”, tenutasi presso l’Ara Pacis per celebrare il 25esimo anniversario dell’organizzazione. Un momento di confronto tra i vari attori della filiera che sarà chiamata ad affrontare anche la sfida che arriverà dagli Stati Uniti con la nuova presidenza di Donald Trump.”Noi siamo vittima delle distorsioni di mercato, come un dazio su una materia prima che non c’è più perché in Italia non è produciamo più come metallo primario da da circa vent’anni e anche in Europa ormai siamo deficitari per questa materia prima indispensabile per oltre l’85% del fabbisogno. Quindi siamo in notevole crisi e le aziende si danno da fare le aziende. Sono riuscite a risolvere il problema del del riciclo ma non possiamo risolvere, non possono risolvere delle aziende da sole il problema della mancanza di materia prima che in Europa sarà formidabile e che tra l’altro con il gioco delle incredibili sanzioni che si vogliono mettere del metallo green si porta il costo del materiale sulle piccole e medie aziende, che noi intendiamo tutelare, a dei livelli per cui è un processo di un processo di vera e propria deindustrializzazione. Bisogna evidentemente rimboccarsi le maniche e guardare avanti in particolare oggi con probabili politiche che dal punto di vista delle nuove scelte dell’America, degli Stati Uniti sicuramente non ci favoriranno, sicuramente guarderanno ai loro interessi piuttosto che quelli Unione Europea”.Un invito a rivedere alcune politiche comunitarie per rilanciare il settore manifatturiero arriva da Cesare Pozzi professore di Economia industriale alla università Luiss. “Se vogliamo essere realmente un’area manifatturiera, serve la comprensione di cosa questo voglia dire dal punto di vista culturale. Noi stiamo abbandonando in maniera anche poco consapevole quelle che sono le radici del successo europeo degli ultimi, dal dopo guerra che si è basato appunto su una manifattura diffusa sui territori e tutto questo si è perso ormai da tempo e se lo vogliamo recuperare c’è bisogno di una terapia un po’ differente da quella che ora è prospettata”.Critica verso le decisioni adottate dalla Ue in materia di politiche ambientali e ripercussioni sul settore manifatturiero la posizione del senatore Massimo Garavaglia, presidente della Commissione Finanze. “Hanno assolutamente ragione. Le faccio un conto facile, arrotondando sempre per semplificare. L’Italia fa circa il 3% del Pil mondiale e le emissioni dell’Italia sono il 2,5% quindi tre di produzione 2,5. La Cina fa circa il 20% del mondiale e il 30% dell’emissioni. Cosa significa? Siccome non mi risulta che ci siano delle barriere ai confini delle emissioni, più noi produciamo più riduciamo le emissioni, più la Cina produce più aumentano le emissioni. Quindi semplicemente è tutto sbagliato. Bisogna produrre di più in Europa e in Italia”.Il punto di vista delle imprese arriva da Tiziana Tronci, Consigliere di amministrazione di Gefond che chiede semplificazioni per le aziende. “Noi imprenditori dobbiamo avere il coraggio di fare un passo avanti e per farlo dobbiamo però anche essere supportati dall’industria, dal governo e come possiamo esserlo? Ad esempio attraverso la facilitazione di quello che è l’accesso al credito. Un’altra cosa importante è l’attrattività dei giovani nel nostro settore, della filiera dell’alluminio. Perché se parliamo di futuro dobbiamo parlare di nuove leve da coinvolgere e da motivare. Un altro aspetto che è il fil rouge è la digitalizzazione che permette di essere più competitivi e sostenibili.
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