Si riduce differenziale prezzi tra made in Italy e comunitario
Roma, 3 mar. (askanews) – Trasformare la spinta inflattiva generata dalla crisi produttiva dell’olio italiano in un’occasione di riposizionamento verso l’alto sul mercato, trasformandola in una occasione per la filiera olivicola made in Italy, che con la riduzione del differenziale di prezzo tra olio Evo comunitario e olio Evo 100% italiano, potrebbe trovare una occasione di crescita. E’quanto emerso oggi a Sol2expo, in corso fino a domani a Veronafiere, durante il convegno dedicato a “Il mercato dell’olio di oliva in Italia e in Europa: realtà e prospettive”.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio SOL2EXPO-Nomisma presentata, in Gdo la crescita media dei prezzi derivante dalla scarsità di offerta a livello nazionale e globale ha già ridotto dal 47% del 2022 al 20% del 2024 il differenziale esistente tra l’olio EVO comunitario (che continua a rappresentare la tipologia più venduta, con una quota a volume del 62%) e il “100% italiano”. Questo avvicinamento di prezzo ha reso più “attrattivo” al consumatore il prodotto ottenuto da olive italiane, il cui prezzo medio a scaffale è giustamente più elevato.
Per Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma, “in questo periodo così movimentato per il mercato, l’auspicio è che il consumatore italiano acquisisca una maggior consapevolezza sul valore reale dell’olio extravergine di oliva”.
Sul fronte della Distribuzione Moderna, il principale canale di vendita dell’olio d’oliva all’interno dei confini nazionali, gli ultimi tre anni sono segnati dagli effetti combinati dell’inflazione e di una produzione straordinariamente leggera, che hanno determinato una riduzione delle vendite a volume di olio extravergine di oliva (tra il 2022 e il 2024) del 10% a fronte di un aumento del 64% a valore.