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Da Il mostro a Bar sport: quando il caffè espresso si prende la scena

AttualitàDa Il mostro a Bar sport: quando il caffè espresso si prende la scena

Il Consorzio di promozione celebra il connubio della tazzina col cinema

Milano, 23 nov. (askanews) – L’espresso, interpretazione italiana del caffè diffusa in tutto il mondo, è protagonista di tante pellicole cinematografiche in scene che nel tempo sono diventate dei veri e propri cult. La scenografia è, quasi sempre, il bar, luogo in cui si svolge la commedia della vita e dove si incontrano personalità diverse, unite dal rito della tazzina. A celebrare questo connubio è il Consorzio promozione caffè, che riunisce aziende che producono e commercializzano diverse tipologie di caffè oltre ai produttori di macchine professionali, in occasione dell’Espresso day, che cade il 23 novembre.

“Se il caffè è da sempre legato allo stile di vita italiano, l’espresso è il simbolo che più si lega anche alla nostra storia – dichiara Michele Monzini, presidente di Consorzio promozione caffè – Oltre ad averlo inventato, abbiamo saputo migliorarlo, adattarlo a nuove abitudini di consumo, rinnovarlo, senza perdere il gusto della tradizione e l’artigianalità che hanno reso grandi nel mondo le nostre aziende, dalle torrefazioni alle produttrici di macchine. Non è un caso che il 62% degli italiani lo consideri il caffè più legato allo stile di vita del Belpaese anche all’estero: bere un espresso, in ogni parte del mondo, significa ritrovare la passione, la ritualità e la gestualità che circondano da sempre questa bevanda così amata”.

Dal brevetto del 1884 di Angelo Moriondo della prima macchina da bar in grado di estrarre un caffè rapidamente (come un treno espresso, come recitava un celebre manifesto pubblicitario del 1922) a quello del 1948 della macchina a leva che diede la caratteristica crema color nocciola, fino alle rivisitazioni più innovative dei giorni nostri, il genio e la creatività italiani hanno accompagnato l’evoluzione dell’espresso ai giorni nostri. E sul grande schermo, il caffè è un pretesto per raccontare ideali e sentimenti: con Totò ne La banda degli onesti, diventa la metafora per spiegare il capitalismo a un ingenuo Peppino, con lo zucchero che si trasforma nell’ambìto capitale desiderato da approfittatori e disonesti, mentre in Vieni avanti cretino si mescola alla discussione di una coppia, confondendo il cameriere Lino Banfi e dando vita a improbabili caffè corretti “con humour” e “con utopia”. Ma è anche lo spunto per mettere in scena altri simboli tipicamente italiani, come il tifo calcistico: nel film Il tifoso, l’arbitro e il calciatore, le tazzine del bar “Forza lupi” sono rigorosamente giallorosse, per obbligare i tifosi avversari, in particolare i laziali, a baciare i colori della Roma.

Non può mancare la rappresentazione del caffè espresso come un rituale: per caricarsi prima di un lungo viaggio, come quello rocambolesco che l’emigrato Pasquale Amitrano, alias Carlo Verdone, dovrà affrontare per tornare a votare nel suo paese natale in Bianco rosso e Verdone, ma anche per conoscersi, come fanno i due protagonisti de Il giorno in più. Un’abitudine irrinunciabile e buona per tutte le tasche, da quelle con pochi spiccioli come quelle di Francesco Scianna e Ficarra in Baaria, che si dividono un caffè al bancone per non ordinarne uno a testa, a quelle vuote di Roberto Benigni ne Il mostro, che riesce a fare colazione con caffè e cornetto rubandole con scaltrezza agli altri avventori del bar.

Il cinema ci ha provato in diverse occasioni a raccontare le infinite interpretazioni che gli italiani fanno del caffè quando lo bevono al bar, tra chi non accetta un espresso che non sia preparato a regola d’arte e che non abbia il caratteristico colore nocciola tendente al testa di moro, come Claudio Bisio in Bar sport, e chi non riesce a fare a meno di abbondare con lo zucchero, nonostante lo sguardo del barista, come Paola Cortellesi in C’è ancora domani. Senza dimenticare le innumerevoli variazioni (marocchino, macchiato, mokacioc, con ginseng o corretto grappa) che in Benvenuti al Nord scoraggiano Alessandro Siani dall’ordinare un espresso in un bar di Milano, facendolo ripiegare su un bicchiere d’acqua. Perché il caffè è un’esperienza che ognuno vive a modo proprio, ma che unisce in un grande rito collettivo. Proprio come il cinema.

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