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Dal mito di Narciso al selfie: il volto dell’artista nei secoli

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A Forlì 200 opere raccontano come l’arte ha ritratto i suoi protagonisti

Forlì, 24 feb. (askanews) – Marina Abramovic che ritrae se stessa in due scatti diversi è l’approdo contemporaneo di una mostra straordinaria ai musei San Domenico di Forlì: “Nello specchio di Narciso. Ritratto dell’artista. Il volto, la maschera, il selfie”. La mostra si rivela, in realtà, come tre percorsi in uno. Si parte dal mito di Narciso, lo specchio, e la trasformazione del ruolo dell’artista: da semplice artigiano nell’ombra a protagonista delle proprie opere, rivelando non solo la propria identità ma anche la sua visione del mondo. Lo racconta Gianfranco Brunelli, Direttore della mostra e direttore delle Grandi Mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. Questa mostra “deve partire da Narciso perché è lo strumento per eccellenza con cui i pittori, gli artisti si sono autoritratti allo specchio. Lo specchio è il rispecchiamento, lo specchio è la speculazione, quindi è l’idea, il concetto. E questo attraverso il Medioevo fino a oggi è stato un punto di svolgimento fondamentale del tema dell’autoritratto. Poi l’autoritratto è come l’artista si vede, immagina di essere, vuole essere visto, quindi attraversa il suo ruolo di personaggio e a volte il contrasto fra il personaggio e la persona”.La mostra ci svela un viaggio sorprendente assieme agli artisti che si sono inseriti nelle scene delle loro opere e con l’avanzare dei secoli sono diventati anche protagonisti, hanno raccontato se stessi e l’epoca in cui vivevano come Michelangelo che nel 400 si ritrae nella Pietà e Giovanni Bellini che compare nella Presentazione di Gesù al Tempio. Poi i tanti autoritratti, le visioni simboliste di B cklin con la sua “Testa di Medusa”, fino ad arrivare all’enigmatico “Autoritratto nudo” di De Chirico e all'”Uomo nero” di Pistoletto.”Il Cinquecento ha l’esigenza di affermare all’artista nel suo ruolo sociale fra gli uomini illustri – spiega Brunelli -. Il Seicento delle Corti e del Gran Teatro del Mondo vede delle maschere e il ritorno di artisti che sono clown, che sono sgherri, che sono filosofi, che sono letterati, che si fingono santi e si autoritraggono nelle vesti dei santi. Il Settecento è un secolo diviso fra il rimpianto – come diceva Herder – della giovinezza della storia, cioè la Grecia antica e il sublime, l’irrompere di queste manifestazioni che poi porteranno nel Romanticismo l’apice di questa inquietudine profonda che hanno gli uomini”.Una mostra che rivela, attraverso duecento opere, il progressivo emergere dell’artista nella storia: dalle antiche maschere teatrali del Museo Etrusco di Villa Giulia fino alla splendida Ebe del Canova, che si riflette magnificamente negli specchi dell’ultima sala, creando un gioco di immagini che riporta il visitatore al mito originario di Narciso.

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