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G7 Canada, Tajani: per pace Ucraina serve unità, ora tocca a Mosca

AttualitàG7 Canada, Tajani: per pace Ucraina serve unità, ora tocca a Mosca

La Malbaie (Canada), 12 mar. (askanews) – L’obiettivo era e resta uno solo: “una pace giusta e duratura per l’Ucraina”. E la si può “raggiungere” mantenendo il fronte unito, “noi europei, con gli americani”. Alla vigilia della sua partenza per il Canada, dove parteciperà alla ministeriale Esteri del G7, Antonio Tajani ribadisce la posizione che porterà al tavolo dei lavori a La Malbaie, in Quebec: i colloqui di Gedda tra le delegazioni di Stati Uniti e Ucraina sono state “un passo importante” sulla strada di un eventuale accordo di pace che “anche l’Europa vuole contribuire a costruire”. Ne discuterà con gli omologhi del G7 nella regione di Charlevoix, durante questa prima riunione sotto la presidenza di Ottawa e a margine dei colloqui, in una serie di incontri bilaterali con i ministri presenti (venerdì è in programma quello con il segretario di Stato americano Marco Rubio). “Vogliamo che l’aggressione della Russia all’Ucraina cessi il prima possibile” e gli incontri in Canada, da oggi a venerdì, saranno “la migliore occasione per rinforzare la collaborazione”, “perché in questo momento c’è “bisogno di grande coesione per costruire la pace”.

Il cessate il fuoco e la ripresa della protezione militare americana a Kiev saranno dunque “i primi temi” in discussione alla ministeriale. Secondo il programma annunciato dalla padrona di casa Mélanie Joly, durante i lavori ci sarà un confronto di idee anche sulla situazione in Medio Oriente – con il piano americano per Gaza che si scontra con quello arabo, sostenuto anche dall’Italia -, sui modi per rafforzare il G7 a 50 anni dalla sua istituzione, sulla stabilità nella regione dell’indo-pacifico, sulle crisi in corso ad Haiti e in Venezuela, nonché sulle sfide per la pace e la sicurezza in Africa, in particolare in Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo. La riunione servirà però, soprattutto, per fare un punto con i partner statunitensi delle recenti discussioni avute a Gedda con le autorità ucraine. Fondamentale è per l’Italia, anche in ottica negoziale, preservare l’unità transatlantica anche in seno al G7. E il ministro sottolineerà proprio la necessità di mantenere l’unità transatlantica per arrivare ad una pace giusta e duratura, che garantisca l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina ed al contempo la sicurezza del continente europeo. Tajani porrà attenzione anche al tema della ricostruzione dell’Ucraina, ricordando che a Roma, il prossimo 10 e 11 luglio, è prevista la Ukraine Recovery Conference, un appuntamento fortemente voluto dal governo italiano e dal titolare della Farnesina. D’altra parte, il contributo italiano per l’Ucraina non è e non è mai stato solo per la Difesa di Kiev. Se infatti è allo studio un 11esimo pacchetto di aiuti militari, l’assistenza finanziaria bilaterale ha raggiunto quasi 2,5 miliardi di euro; di questi, circa un miliardo di euro è stato destinato ai rifugiati, 310 milioni di euro sono andati a sostegno del bilancio statale e 93 milioni di euro sono stati forniti per attività umanitarie. Dunque, un impegno a 360 gradi, che prevede di guardare anche al futuro del Paese e alla sua ricostruzione postbellica nonché – ricorderà il ministro ai colleghi del G7 – di mantenere un forte sostegno a Kiev su un piano di riforme ritenuto necessario per agevolare il percorso di integrazione dell’Ucraina all’Unione europea.

Grande attesa c’è, naturalmente, per la posizione che Marco Rubio, il segretario di Stato americano, porterà al tavolo della ministeriale, dopo l’accordo con le autorità ucraine di una tregua di 30 giorni, da sottoporre all’attenzione di Mosca. “Buone notizie vengono dal dialogo che c’è stato tra ucraini e americani. Speriamo ora che la Russia risponda in maniera positiva perché tocca a Mosca decidere se vuole la pace oppure no”, ha commentato Tajani prima della partenza. Di certo, durante la riunione in Canada, gli Stati Uniti si opporranno a qualsiasi dichiarazione “antagonistica” nei confronti della Russia e su questo punto, il capo della diplomazia Usa è stato molto chiaro. Washington non può sottoscrivere alcun comunicato che non sia coerente con la sua posizione di portare entrambe le parti al tavolo delle trattative, ha affermato, spiegando che la posizione degli Stati Uniti non mira a “prendere le parti di qualcuno”, ma nasce dalla convinzione che “un linguaggio antagonistico a volte rende più difficile portare le parti al tavolo negoziale”. D’altra parte, il segretario di Stato ha riconosciuto che gli altri Stati membri del G7 hanno una visione differente rispetto a quella degli Stati Uniti, ma ha anche ribadito ciò che tutti gli alleati del Gruppo sanno: Washington è l’unico attore in grado di facilitare i colloqui di pace.

Certo, anche il G7 può dare il suo contributo, a latere di quanto l’amministrazione Trump sta già facendo con il suo dialogo diretto con Russia e Ucraina. Kiev, in particolare, chiede ai suoi principali alleati che siano poste in essere alcune “condizioni preliminari”, come “la pressione politica e finanziaria sulla Russia per aumentare il costo di un eventuale rinnovato conflitto”, il peso delle misure sanzionatorie dell’Europa contro Mosca, “il controllo europeo dei beni russi congelati per consentire un sostegno continuo e maggiore all’Ucraina”. E poi, garanzie di sicurezza “che diano credibilità a un futuro accordo”. Su questo punto, in particolare, bisognerà lavorare per trovare una possibile convergenza, in Canada e nelle riunioni che verranno. Il presupposto è che l’Europa vuole fare la sua parte, ma non possono esserci garanzie per Kiev senza gli Usa.

In questo quadro si inserisce anche la discussione sul possibile invio di truppe di peacekeeping in Ucraina a garanzia di un eventuale accordo di pace. La Francia di Macron e il Regno Unito del primo ministro Keir Starmer spingono in questa direzione. Tajani porterà in Canada la posizione italiana. Per garantire la pace serve una presa di posizione nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, dove ci sono anche la Russia e la Cina, ricorderà il ministro, secondo il quale una presenza militare internazionale, con la partecipazione dell’Italia, potrebbe avvenire solo in una zona cuscinetto e sotto il mandato Onu. L’Italia “non è assolutamente favorevole a inviare truppe europee o truppe Nato in Ucraina, perché questo significherebbe dare un segnale negativo alla Russia”, secondo Tajani. Una posizione in un certo qual modo condivisa da Mosca, che rifiuta l’idea di un contingente composto da Paesi Nato mentre accetterebbe una missione sotto egida Onu o composta da truppe di Paesi del cosiddetto “Sud Globale”, che il Cremlino – e non solo – ritiene neutrali.

Di tutto questo, il ministro avrà modo di discutere anche a margine dei lavori, in una serie di incontri bilaterali con l’alto rappresentante Ue per la Politica estera Kaja Kallas, il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot, la canadese Mélanie Joly, il britannico David Lammy, il capo della diplomazia giapponese Takeshi Iwaya, e – venerdì – con il segretario di Stato americano, Marco Rubio. Tra i possibili temi in discussione con quest’ultimo, anche i dazi statunitensi sui prodotti europei, che dovrebbero entrare in vigore a inizio aprile. “Notizie preoccupanti arrivano anche sul fronte commerciale, però ci auguriamo che alla fine si possa trovare una soluzione anche per quanto riguarda i dazi”, ha commentato a questo proposito Tajani poco prima della partenza per il Canada. “Il governo è pronto con un suo piano, lavoriamo insieme all’Unione europea, ma noi siamo pronti a tutelare nel modo migliore possibile le nostre imprese”, ha spiegato il ministro, ricordando che il 21 marzo ci sarà “una riunione con le imprese” alle quali saranno illustrate “le idee e le proposte del governo per meglio tutelarle sul palcoscenico internazionale”. (di Corrado Accaputo)

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