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Gaza, la fase due del cessate il fuoco è in stallo

PoliticaGaza, la fase due del cessate il fuoco è in stallo

ROMA – Non è ancora partita la seconda fase del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, che sarebbe dovuta iniziare sabato scorso. Mentre ieri il governo egiziano – principale mediatore con il Qatar tra Israele e Hamas – ha fatto appello a un’urgente ripresa dei colloqui, stamani il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito il sostegno di Tel Aviv al piano del presidente americano Donald Trump.Stando ai media internazionali, Netanyahu ha affermato inoltre di aver respinto una proposta di mediazione giunta da Hamas.

L’organizzazione, ha detto, avrebbe “avanzato posizioni per un cessate il fuoco permanente che sono completamente inaccettabili”, quindi ha minacciato il ritorno ai combattimenti se “non accetterà il piano Trump” per Gaza”: Israele, ha concluso, “sa che l’America e il presidente Trump ci sostengono”.

Il piano Trump propone lo sfollamento totale della popolazione della Striscia di Gaza verso Egitto e Giordania, per poi prendere il controllo del territorio e trasformarlo in una “Riviera del Medio Oriente”.

Washington preme inoltre affinché Hamas rilasci tutti gli ostaggi in una volta, contrariamente a quanto era stato stabilito dall’Accordo siglato a gennaio.

LE TRE FASI

Questo prevede tre fasi di 42 giorni, durante ciascuna delle quali devono essere rilasciati 33 ostaggi israeliani a fronte di un certo numero di prigionieri palestinesi. Tel Aviv starebbe invece premendo Hamas affinché accetti un prolungamento della fase uno.

Stamane, confermando il sostegno di cui ha parlato Netanyahu, il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha ringraziato il segretario di Stato americano Marco Rubio per aver adottato misure di emergenza che consentiranno alle aziende americane di vendere armamenti a Israele del valore di 4 miliardi di dollari, comprese bombe e macchinari per le demolizioni. Da gennaio, la nuova amministrazione Trump ha approvato complessivamente vendite di materiale bellico a Israele per un valore di 12 miliardi di dollari.

Allarmati dal piano israelo-statunitense di sfollare Gaza dalla sua popolazione, i Paesi arabi hanno deciso di organizzare un vertice d’emergenza presso la Lega araba domani, 4 marzo, al Cairo. L’intento è stilare una proposta alternativa che potrebbe prevedere un intervento di ricostruzione in fasi, dai tre ai cinque anni.

Al tempo stesso, l’emittente israeliana Channel 12 stamani riporta che dall’esecutivo d Tel Aviv “non si prevede di riprendere i combattimenti in settimana”, di fatto concedendo giorni aggiuntivi alla ripresa della guerra, così come avevano chiesto i mediatori.

LA SITUAZIONE A GAZA

Intanto, a Gaza e Cisgiordania la situazione resta difficile per le popolazioni. Le organizzazioni umanitarie denunciano che da sabato, giorno in cui sarebbe dovuta partire la fase 2, Israele ha bloccato l’ingresso agli aiuti umanitari a Gaza.

Tra queste, Medici senza frontiere (Msf), che in una nota afferma: “Gli aiuti umanitari non dovrebbero mai essere usati come uno strumento di guerra. Indipendentemente dall’andamento dei negoziati tra le parti, la popolazione di Gaza ha ancora bisogno di un immediato e massiccio aumento di forniture umanitarie”.

Caroline Seguin, responsabile per l’emergenza Gaza di Msf, aggiunge che la notizia dello stop agli aiuti “ha creato incertezza e paura, causando un’impennata dei prezzi dei generi alimentari”.

I media palestinesi denunciano altre violazioni del cessate il fuoco, in particolare un bombardamento a Rafah, dove due persone hanno perso la vita, e un altro contro il campo profughi di al-Mawasi, nei pressi di Khan Younis, dove sono rimaste ferite tre persone. “Intensi attacchi” secondo l’agenzia Wafa stanno interessando ancora Rafah, nel sud, e il nord di Gaza e l’est di Jabalia.
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