La 14esima edizione del festival La Storia in Piazza
Genova, 31 mar. (askanews) – Quattro giorni di confronti, dibattiti e incontri molto frequentati: Palazzo Ducale a Genova ha visto la 14esima edizione del festival culturale “La Storia in Piazza”, che quest’anno era dedicato a “Le piazze della storia”. “Abbiamo parlato sia di piazze politiche, sia di piazze economiche, sia di piazze del divertimento – ha detto ad askanews Carlotta Sorba, docente di Storia contemporanea all’Università di Padova e curatrice de La Storia in Piazza – quindi era veramente un tema che si prestava e per di più, come dire, in una società in qualche modo sempre più dematerializzata, l’idea invece di ritornare ai luoghi fisici e in cui si condivide in insieme non è male”.Il tema del confronto con la dimensione virtuale, dei social media come nuove piazze di comunità, è uno dei temi più attuali, che implica una relazione complessa – e talvolta problematica – tra la dimensione individuale e le macro economie che governano la Rete. “Nella piazza virtuale noi ci siamo – ci ha spiegato Emmanuel Betta, docente di Storia contemporanea a La Sapienza di Roma e curatore dell’evento – e anzi l’oggetto della transazione siamo proprio noi, con i nostri desideri, le nostre peculiarità, i dati che ci riguardano. Quindi è un corpo virtuale, ma è largamente redditizio dal punto di vista di chi è proprietario di queste reti, di questi spazi virtuali. Quindi certo che anche in quella dimensione il conflitto attorno al corpo del singolo, come dei gruppi è un’altra delle dimensioni che la piazza mostra con chiarezza”.E, a maggior ragione, oggi la domanda riguarda quale spazio è possibile per la piazza come luogo fisico. “È venuto fuori in questi giorni – ha aggiunto la professoressa Sorba – che questo spazio c’è ed è sempre più forte. Lo vediamo, peraltro anche nei telegiornali di questi giorni. Insomma, la Turchia non è non è una cosa da poco e quindi un’idea di ritornare proprio a forme di condivisione in spazi fisici e concreti come sono le piazze, mi sembra che ci sia ci sia una sorta di voglia di piazza”. E poi c’è la parola “storia”, oltre a “piazza”. E qui si parla ovviamente di prospettiva e memoria. “Lo sguardo storico – ha concluso il professor Betta – ci aiuta a problematizzare le scelte che ci circondano e delle quali noi stessi siamo molto spesso attori consapevoli o meno”.