ROMA – “Attendiamo in queste ore la decisione del tribunale civile sul trattenimento dei sette migranti qui, nel centro italiano a Gjader, in Albania. Intanto confermiamo che questo processo di esternalizzazione è assolutamente traumatico per le persone: hanno trascorso quattro giorni in mare, dopo tutto quello che avevano già subito in Libia e durante il viaggio, e ad oggi non hanno avuto un solo giorno per riprendersi dallo stress del viaggio, dalla Libia a qui, essendo stati sottoposti a una procedura con tempi estremamente compressi. Ribadiamo che la procedura accelerata e di frontiera ostacola il loro accesso alla difesa legale e agli avvocati”. A parlare con l’agenzia Dire è Giorgia Jana Pintus, esponente di Arci nazionale e del Tavolo asilo e immigrazione (Tai), che da venerdì scorso è in Albania per una missione di monitoraggio insieme a parlamentari dell’opposizione (Pd, M5S, Avs), in concomitanza con l’arrivo del secondo gruppo di otto uomini di nazionalità egiziana e bengalese in osservanza del protocollo stretto tra il governo italiano e quello albanese.
La delegazione ha già avuto modo di incontrare qualcuno dei cittadini migranti: sette sono già stati trasferiti dall’hotspot di Shengjin al Centro di trattenimento di Gjader, mentre l’ottavo, un egiziano con problemi psichici, è stato invece portato a Brindisi.Jana Pintus continua evidenziando il carattere “problematico e discriminatorio” della preselezione, che potrebbe avvenire anche “a bordo delle motovedette intervenute per il salvataggio”. Una fase delicata, che serve a determinare i migranti “eleggibili” per la procedura accelerata, che consente alle autorità italiane il trasporto dei richiedenti asilo in Albania e che, nelle intenzioni del Protocollo, mira a rendere la persona rimpatriabile. Delicata ma che tuttavia “non consente all’individuo di raccontare il proprio vissuto”, evidenzia l’esponente del Tai, e che invece “comincia già a bordo delle motovedette, come confermato nei colloqui di questi giorni”. Si tratta di uno dei mezzi di trasporto che usano Marina, Guardia costiera o Guardia di Finanza per il soccorso in mare.
L’ ITER “PROBLEMATICO E DISCRIMINATORIO”
Le persone hanno sempre accesso a personale qualificato, come quello di Oim, tuttavia ad essere problematico è il fatto che i colloqui avvengono anche subito dopo operazioni di salvataggio concitate. “I sette uomini sono apparsi provati” conferma Jana Pintus. “D’altronde hanno trascorso periodi lunghi in Libia, fuggendo da situazioni difficili nei loro Paesi. Sappiamo ad esempio di un bengalese di etnia induista, che teme di essere ucciso se sarà riportato in Bangladesh. Dopo il salvataggio in mare – e non sappiamo ancora quante sono state le operazioni in totale – hanno trascorso quattro giorni a bordo della nave Libra della Marina militare, sperimentando un’enorme preoccupazione e frustrazione alla notizia del trasferimento forzato in Albania”.Da quando sono stati intercettati da motovedette italiane, “hanno dovuto affrontare lunghe e pesanti procedure legali, come le audizioni per la richiesta d’asilo o per il trattenimento nel Centro di Gjader, con poco tempo per confrontarsi con gli avvocati”, che di norma hanno il compito di prepararli a sostenere le audizioni.
Mentre si attende la decisione del Tribunale civile di Roma, che a ottobre stabilì la non convalida del fermo, obbligando di fatto le autorità a riportare tutti i migranti in Italia e innescando uno scontro tra governo e magistratura, Jana Pintus accusa: “Abbiamo davanti agli occhi il gigantesco centro di Gjader, pensato per mettere in pratica procedure illegittime, che accoglie appena sette persone. Ciò conferma la sproporzione e l’assurdità di un progetto che è chiaramente fallimentare”.
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