ROMA – Non è andata bene “la prima”, andrà meglio con la seconda. Il governo va avanti sui centri migranti in Albania, decisa a renderli operativi. Dopo l’aggiornamento della lista dei “Paesi sicuri”, con il decreto legge che ha l’obiettivo di alzare il provvedimento nella gerarchia delle norme e superare i diktat della Corte europea, da lunedì la nave della Marina Militare Libra tornerà a presidiare le acque a 20 miglia da Lampedusa e ad accogliere i profughi soccorsi nel Mediterraneo. Con l’obiettivo, dopo aver fatto un primo screening a bordo, di portare a Shëngjin, in Albania quelli “idonei”: ovvero gli uomini maggiorenni giudicati non vulnerabili e provenienti da Paesi considerati sicuri secondo la normativa italiana.
Insomma, a due settimane dal ‘famoso’ arrivo dei primi 15 richiedenti asilo nell’hub “made in Italy” in territorio albanese e dal loro repentino dietrofront, per il freno tirato dal Tribunale di Roma, non ci si arrende. Si vuole riprovare a far funzionare la macchina inceppata appena partita, dopo aver provato ad oliare il motore giuridico.
Obiettivo quindi è quella di non fermare le macchine, malgrado la decisione del tribunale di Roma che, rifacendosi alle direttive della Corte di giustizia Ue, ha stabilito che la “procedura accelerata di frontiera” per il rimpatrio non si può applicare ai migranti provenienti da Paesi considerati sicuri soltanto dall’Italia e non, appunto, da norme europee. Non solo: il 29 ottobre scorso ci si è messo di mezzo pure il Tribunale di Bologna che ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il decreto del Governo sui Paesi sicuri.
La decisione di far tornare al suo posto la Libra avviene infine dopo il duro scontro tra Roma e la magistratura e le ultime accese polemiche politiche sui costi dell’operazione.
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