Le voci di studenti e docenti all’evento di Fondazione Triulza
Rho, 4 mar. (askanews) – Il Social Innovation Campus di Fondazione Triulza è l’iniziativa dedicata a coinvolgere le nuove generazioni in momenti di confronto e co-progettazione sui temi che riguardano l’innovazione e le tecnologie a impatto sociale e ambientale, ma anche i diritti. Giovanni Azzone, presidente di Fondazione Cariplo, dal palco ha esortato gli adulti e le organizzazioni a coinvolgere i giovani per fare insieme vera innovazione sociale e rispondere ai bisogni delle nostre comunità.”Fondazione Cariplo è il risultato di una storia di oltre 200 anni in cui un insieme di comunità – ha detto Azzone ad askanews – un insieme di generazioni hanno dato vita a un patrimonio che è a disposizione della nostra comunità oggi. Questo patto generazionale può sopravvivere soltanto se le nuove generazioni si sentiranno anche a essere parte di una comunità, quindi non solo saranno parte di questa comunità ma lo sentiranno complessivamente. Farlo vuol dire riuscire a fare in modo che queste generazioni abbiano la voglia, le competenze per essere parte attiva di una coesione sociale che è fondamentale nel nostro territorio”.L’obiettivo del Campus è proporre dei format come gli hackathon, nei quali i giovani devono trovare delle soluzioni a sfide reali che impattano le nostre città e comunità, con un approccio collaborativo all’interno dei team. “Abbiamo imparato a fare una ricerca in tempi molto brevi – ci ha raccontato Vittoria Parisi del Liceo artistico Preziosissimo Sangue di Monza – abbiamo imparato a ricercare anche in maniera efficace nel senso che non ci siamo basati su tutto, ma abbiamo cercato i punti di forza dei nostri progetti, quindi è stato anche questo un grande punto di forza per noi”.”Penso che sia un momento dove veramente si nota l’unità che ci può essere all’interno di un gruppo – ha aggiunto Matteo La Fauci dell’Istituto Ernesto Breda dei Salesiani di Sesto San Giovanni – se lo scopo è ben chiaro”.Ad affiancare gli studenti nelle due giornate non stop ci sono stati tutor, mentor e, naturalmente, i docenti, che hanno vissuto le 48 ore a strettissimo contatto con le classi. “Si sono messi in gioco tantissimo – ci ha detto la professoressa Stefania Lovat del Liceo Linguistico “Giovanni Falcone” di Bergamo – e la cosa interessante è stata anche che noi, dopo aver lavorato ieri e la notte, stamattina abbiamo praticamente ribaltato l’idea, il progetto, riscritto da zero lo speech per l’esposizione finale. È stato molto interessante”.”È stata una grande sfida – le ha fatto eco la professoressa Daniela Zirattu dell’IIS Cremona – perché noi siamo degli informatici, però non avevamo mai fatto una sfida così concentrata, quindi è stato faticoso gestire il tempo, ma soprattutto abbiamo voluto fare tutto di nostro pugno”.Confrontarsi sul tema della complessità è stato sfidante, ma la sensazione è che questi ragazzi abbiano la voglia necessaria per affrontare le difficoltà guardando avanti.