ROMA – Nuova vita alla “lingua morta”. “Per noi italiani studiare il latino -e il greco- è imprescindibile, se vogliamo prendere coscienza di ciò che siamo e perché lo siamo”. Non solo: “Qualcuno potrebbe dire: siccome viviamo in una realtà sostanzialmente globale, questi studi non ci servono più e invece, a mio parere, è proprio il contrario”: parole di Gaetano De Bernardis, uno dei più grandi latinisti italiani, scomparso lo scorso agosto, a 78 anni. In una lunga intervista di qualche anno fa, dalla testata specializzata orizzontescuola.it, il professore spiegava l’importanza di studiare le lingue antiche, in primis il latino, da cui deriva l’italiano di oggi.
LA SCOMMESSA: INSEGNARE IL LATINO AGLI ALUNNI DELLE MEDIE
Avrebbe sicuramente apprezzato una delle novità annunciate dal ministro per l’Istruzione e il Merito, Giuseppe Valditara, che saranno introdotte nelle Nuove Indicazioni Nazionali (ossia i nuovi programmi scolastici), per il primo ciclo d’istruzione, probabilmente già dall’anno scolastici 2026/2027. Fa discutere infatti, tra le cose anticipate dal ministro per l’Istruzione e il Merito, il rilancio dell’insegnamento del latino già in seconda media, cioè per gli alunni di 11-12 anni, anche se come scelta facoltativa. La “riforma” proposta dalla commissione incaricata di rinnovare il sistema scolastico punta infatti moltissimo sulle materie umanistiche e apre alla possibilità di inserire il latino a partire dalla seconda media. Per il ministro “studiare il latino- motiva- vuol dire andare alle radici della lingua italiana e del significato delle parole”. In realtà, non si tratterebbe di una novità assoluta: nel secondo dopoguerra infatti il latino era parte integrante dei programmi scolastici, ma l’insegnamento obbligatorio venne abolito alla fine degli anni Settanta.
PERCHÈ IL LATINO “FA BENE”
Il latino è oggi considerato una “lingua morta” e molti si chiedono, gli alunni prima di tutto, quale sia la sua utilità e perché studiarlo a scuola. A dirla degli esperti, invece lo studio del latino fin da giovanissimi porterebbe molti benefici. Nelle testate specializzate, si elencano punto per punto: il Latino viene visto come uno strumento che consente di apprezzare in modo più significativo aspetti culturali e linguistici della realtà; facilita l’apprendimento di una seconda lingua europea, persino favorisce lo sviluppo della logica e del ragionamento, grazie alla sua struttura grammaticale e sintattica. O ancora, studiare il latino aiuterebbe a ragionare fuori dagli schemi, perché stimola un approccio più analitico e riflessivo; contribuirebbe a sviluppare la memoria, il pensiero critico, a organizzare un proprio metodo di studio. Non ha quindi solo un valore culturale, storico, patriottico, come si vuole sottolineare oggi, la sua utilità va ben oltre, ci aiuta a diventare più intelligenti, insomma.
Tornando a De Bernardis, lui stesso sosteneva infine il valore dello studio del latino proprio guardando al futuro: “Se vogliamo costruire un mondo davvero globalizzato, ciascun popolo deve concorrere a tale costruzione, portando il proprio patrimonio di civiltà”. E il bagaglio che si porta dietro la nostra civiltà parla, scrive e pensa in larga parte proprio in latino.
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