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giovedì, Gennaio 30, 2025

Terra dei fuochi, le voci delle vittime: “ora vogliamo le bonifiche”

AttualitàTerra dei fuochi, le voci delle vittime: “ora vogliamo le bonifiche”

“Noi invisibili”, fra mafia e rifiuti tossici dopo la sentenza della CEDU

Acerra, 30 gen. (askanews) – Miriam D’Alise mostra i suoi disegni. Diciotto anni, la giovane abitante di Acerra a cinque fu diagnosticata con un tumore al cervello. Lei e sua madre, Antonietta Moccia, aspettavano con ansia il verdetto della Corte Europea dei diritti umani che oggi ha condannato l’Italia per l’inazione nella lotta alle discariche abusive nella cosiddetta Terra dei Fuochi. Una parte della Campania dove l’intreccio di mafia, illegalità e rifiuti tossici è costata carissima agli abitanti.Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità conferma gli allarmi lanciati da numerosi studi fin dal 2014 e certifica, in un’area che comprende ben 38 comuni, la presenza di discariche abusive, quasi 2.800 siti di smaltimento illegale in 426 km quadrati. I Comuni sono stati classificati in quattro fasce di rischio in cui si riscontra una maggiore incidenza di tumore alla mammella, un tasso di ospedalizzazione per asma più elevato, un aumento delle leucemie infantili e delle malformazioni dell’apparato urinario. “Non lo dico io lo dicono gli scienziati, che il midolloblastoma metastatico è un tumore che colpisce un bambino su un milione di abitanti. Quando siamo stati in ospedale c’erano altri tre casi, e questo ci fa capire… perché noi a Acerra siamo sessantamila” dice Antonietta Moccia. “Ho sempre detto che noi siamo gli invisibili. Vogliamo che facciano bonifiche, innanzitutto”.”Eh l’ambiente… non gliene frega proprio, in poche parole” dice Miriam D’Alise.Più che l’incuria, la criminalità, che gestisce il traffico dei rifiuti tossici che poi inquinano il terreno, le falde acquifere e le coltivazioni. Alessandro Cannavacciuolo è uno dei 41 residenti di Caserta, Napoli e Provincia che sono arrivati fino alla corte di Strasburgo. Le prime avvisaglie le ebbe all’inizio degli anni duemila: le sue pecore partorivano agnelli a due teste o due lingue: “Ci hanno sparato, ci hanno sparato nelle macchine, hanno ucciso i nostri animali, lettere minatorie, proiettili sulla soglia, messaggi sui social, siamo in guerra, questo è il punto”, dice.La Corte europea ha ingiunto all’Italia di intraprendere al più presto le azioni anche penali necessarie a sanare il territorio. Intanto Maurizio Patriciello, parroco della chiesa di San Paolo a Caivano, pensa alle vittime: “Voi non immaginate quanta gente abbiamo dovuto accompagnare al cimitero, io ho perso due fratelli, mia cognata e mia nipote. Tutte le nostre famiglie sono state decimate dal cancro. E non è solo per noi, abbiamo sempre creduto che il nostro grido di disperazione, ma anche di speranza, questa denuncia, potesse essere a favore di tutta l’umanità”.

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