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giovedì, Novembre 28, 2024

Vedere grazie alla nebbia: una nuova mostra di In Between Art Film

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All’Ospedaletto a Venezia Bigazzi e Rabottini presentano “Nebula”

Venezia, 7 mag. (askanews) – La nebbia come possibilità e come opportunità, per vedere meglio dentro la sfocatura del nostro tempo. La Fondazione In Between Art Film, brillantemente guidata da Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi, è uno di quei soggetti culturali che sanno interpretare la dimensione più cogente del contemporaneo attraverso le immagini in movimento. Partendo dalla consapevolezza che le verità sono molteplici e che ciò che non si vede vale quanto ciò che si vede. Per questo è affascinante addentrarsi dentro il nuovo progetto allestito nel complesso dell’Ospedaletto di Venezia e intitolato “Nebula”: otto opere che Rabottini ci ha introdotto così: “Tutti gli artisti – ha detto ad askanews il direttore artistico della fondazione presieduta da Beatrice Bulgari – hanno interpretato questa suggestione poetica della nebbia in molti modi, andando a comporre un mosaico di forme diverse di frammentazione e di spaesamento che caratterizza il nostro presente. Oltre a questo si è lavorato molto sullo spazializzare le immagini in movimento, su fare in modo che abitassero lo spazio”.Lo spazio, appunto. L’Ospedaletto è un luogo ambiguo, molteplice e stratificato. La sua architettura diventa parte delle opere, le orienta, a suo modo anche le giustifica e amplifica. “Il suono è molto presente nella mostra – ha aggiunto Rabottini – è una mostra quasi su tante forme di eco, ci sono tanti riverberi, ci sono tanti suoni che anticipano o seguono le immagini. Ci sono anche tanti interventi spaziali che sono da scenografia di 2050+ che tematizza attraverso i passaggi tra un’opera e l’altra diverse forme di nebulosità o comunque di ottundimento dei sensi o di amplificazione dei sensi”. I film poi si muovono in tante direzioni, aprono un’infinità di possibili strade, che poi, forse anche per via della nebbia, non potremo battere fino in fondo, ma non importa. Perché esistono e, prendiamo per esempio l’opera di Diego Marcon – uno degli interpreti decisivi della scena attuale – per quanto dolore possa provocarci, al tempo stesso ha anche un potere salvifico che non è possibile negare. E nella palude opaca di questa apparente contraddizione si trova la scintilla, la possibilità, l’elemento in grado di far saltare il banco del già del già detto, del già visto, del tutto-come-ce-lo-aspettiamo, così come del qualunquismo benpensante e penosamente retorico. Nella “Nebula” veneziana si trovano squarci di verità, artistica per l’amore del cielo, nulla di più. Ma possono essere squarci sfolgoranti.

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