Milano, 30 mar. (askanews) – Cantina Terlano presenta “Terlaner Primo Grande Cuvee 2022”, nuova annata del vino più prestigioso della cooperativa (143 soci che coltivano circa 190 ettari in provincia di Bolzano) celebre per i suoi bianchi tra i più premiati dell’Alto Adige e tra i più amati non solo in Italia. Emblema della filosofia enologica della Cantina alle pendici dell’altipiano del Salto, il blend di Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon Blanc che prende il nome di Terlaner, ed è declinato in “Terlaner Tradicion”, “Terlaner Riserva Novadomus” e “Terlaner Primo”, vanta oltre cento anni di storia.
L’annata 2022 del gioiello “Terlaner Primo Grande Cuvee”, tirata in quattromila bottiglie, riflette il continuo processo di perfezionamento in vigna e in cantina secondo i rigidi dettami impressi dal meticolosissimo direttore tecnico ed enologo Rudi Kofler, impegnato nell’ambiziosa sfida di far dialogare identità storica e visione del futuro. “Tanti grandi bianchi si basano soprattutto sullo Chardonnay, noi abbiamo invece voluto che avesse come spina dorsale il Pinot Bianco, che per noi è un vitigno estremamente importante e quello che caratterizza l’uvaggio storico del Terlaner, portandolo ad un livello più alto possibile. L’obiettivo non è quello di fare un vino troppo concentrato o troppo fruttato ma, a partire dalla prima annata che è stata la 2011, che fosse l’essenza del territorio, rispecchiando l’estrema sapidità, salinità e il potenziale di invecchiamento” ha spiegato Klaus Gasser, ben più di un direttore commerciale data la sua formazione enologica, ricordando che “nel Terlaner Primo c’è stata un’evoluzione sia per la scelta delle parcelle, sia dal punto di vista tecnico, soprattutto nelle ultime annate dove Kofler ha trovato una sua linea anche nella precisione assoluta”.
Proseguire nella realizzazione di una cuvee in anni in cui si punta su vini in purezza sarebbe una scelta coraggiosa se non fosse per la qualità così alta e ben collaudata, e per quell’immediata piacevolezza frutto della sua grande eleganza, nonostante la straordinaria complessità, lunghezza e persistenza. “Siamo partiti con percentuali di Pinot Bianco molto alte, fino al 90% dell’uvaggio, e nel tempo, soprattutto a partire dall’annata 2016, siamo scesi arrivando al 65-70% a seconda dell’annata e aumentato la percentuale di Chardonnay. Questo stilisticamente è stato un passo molto importante verso un vino ancora più verticale e con una grande tensione pur mantendo l’idea del lungo affinamento, processo che non è mai cambiato. Siamo partiti con botti da 12 hl, qualcuna nuova, altre di secondo-terzo passaggio, e il fare la malolattica che regala un’ulteriore complessità” ha raccontato Kofler, ricordando che le uve di Pinot Bianco sono quelle dei vigneti più antichi ad un’altitudine compresa tra i 500 e i 650 di altezza, fatto “che favorisce un perfetto equilibrio tra il clima e la profondità espressiva delle viti”.
L’eloquente capacità identitaria emerge con forza anche in questa annata 2022 che, sebbene ancora nelle fasi iniziali del suo sviluppo, è fin d’ora già piacevolissima.