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Vino, vignaioli Fivi coltivano in media 10 ha e il 71% esporta

AttualitàVino, vignaioli Fivi coltivano in media 10 ha e il 71% esporta

Indagine Nomisma: vendute al doppio del prezzo della media italiana

Milano, 13 nov. (askanews) – Aziende di medio-piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, radicate sul territorio, con poco più di 10 ettari di vigneto di superficie media coltivata, 75 tonnellate di uva auto-prodotta per una produzione media annua di 38mila bottiglie, che hanno un prezzo medio più che doppio rispetto alla media italiana (7,7 euro contro 3,6). E’ questa la fotografia scattata da un’indagine di Nomisma Wine Monitor sugli oltre 1.700 produttori associati alla Federazione italiana dei vignaioli indipendenti (Fivi), che è stata presentata oggi a Roma.

“Una delle principali esternalità positive collegate al modello socioeconomico dei Vignaioli Indipendenti Italiani è dato dal fatto che l’81% dei vigneti coltivati da questi produttori si trova in collina e in montagna, rispetto al 60% della media italiana, vale a dire in quelle aree interne sempre più soggette a spopolamento e a rischio idrogeologico. Zone dove, per altro, l’uva da vino rappresenta una delle poche produzioni agricole ancora in grado di dare reddito a chi la coltiva” ha spiegato il responsabile Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, ricordando che “in questo modello di impresa la vitivinicoltura esprime risvolti positivi anche a livello sociale dato che il 30% dei lavoratori è impiegato a tempo indeterminato (contro il 10% della media italiana in agricoltura), il 28% è di origine straniera (rispetto al 19%) e il 33% è donna (a fronte del 26%).

Nonostante l’Italia rappresenti il mercato di elezione dei produttori Fivi (con l’horeca come canale principale), il 71% di questi “vignerons” esporta anche all’estero, e un altro 23% ha intenzione di farlo nei prossimi anni. E se gli Stati Uniti rappresentano oggi il principale mercato estero di sbocco, presto anche altri mercati extra-Ue diventeranno sempre più strategici, in particolare nell’area asiatica. Per quanto riguarda i fondi OCM, “a causa delle restrizioni e dei vincoli burocratici che disincentivano l’accesso da parte delle piccole aziende, solo il 14% dei soci Fivi ha potuto beneficiare negli ultimi due anni dei fondi destinati alla promozione”.

Sul fronte sostenibilità, risulta che negli ultimi due anni il 71% delle aziende intervistate ha realizzato azioni finalizzate alla sostenibilità ambientale (dall’utilizzo di packaging sostenibile al contenimento dei consumi di acqua e delle emissioni), mentre un altro 24% lo farà nei prossimi due. Una impresa su due, invece, produce vini in modo biologico e un 20% è certificato sostenibile. L’80% delle aziende associate offre servizi per gli enoturisti (il 46% dei quali sono stranieri), in particolare visite guidate con degustazioni, un’attività che rappresenta il 23% del fatturato complessivo, contro una media nazionale del 18%.

In merito alle tante sfide che (anche) i vignaioli indipendenti hanno davanti, dallo studio risulta che quasi uno sue due sottolinea come le più difficili riguardino la gestione dei costi e l’efficienza dell’organizzazione aziendale, così come l’evoluzione dei consumi e l’inasprimento della concorrenza, in particolare di quei vini più economici (spesso anche di minor livello qualitativo) che in momenti di congiuntura negativa, come quella attuale, rischiano di penalizzare i prodotti di qualità.

“Modelli di finanziamento della produzione, transizione ecologica, passaggi generazionali, sono sfide enormi che anche come Federazione abbiamo il dovere di studiare a fondo” ha commentato il presidente della Fivi, Lorenzo Cesconi, aggiungendo che “alla politica, in Europa e in Italia, chiediamo semplificazione, snellimento burocratico, innovazione normativa a favore della micro, piccola e media impresa, e soprattutto una strategia chiara nella politica vitivinicola, che deve sempre di più essere orientata alla sostenibilità di produzione, alla qualità e non alla quantità, alla creazione di valore”.

“Colgo in questa ricerca tanti spunti utili a formulare istanze da portare alle istituzioni europee, in primis la necessità di rendere accessibili a tutti i vignaioli, anche i più piccoli, ogni misura di sostegno, come ad esempio gli aiuti alla promozione Paesi terzi” ha affermato Matilde Poggi, presidente della Confederazione europea vignaioli indipendenti (Cevi), spiegando che “abbiamo colto dal Commissario designato Hansen la necessita per il settore di un impegno verso la sostenibilità: le aziende dei vignaioli indipendenti sono in linea con le richieste ma occorre una semplificazione anche nel sistema delle certificazioni, spesso troppo onerose per aziende di queste dimensioni”.

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